L’opinione pubblica percepisce distortamente un concetto: disoccupazione, crisi e mancanza di misericordia sarebbero problematiche risolvibili dal panorama politico, o comunque affrontabili solo dalle istituzioni competenti. Niente di più sbagliato. Perché? Ce lo spiega Domenico Umberto D’Ambrosio, arcivescovo metropolitadi Lecce. In realtà noi “comuni” cattolici possiamo divenire presenze fondamentali per chi vive un momento di torpore.
A conclusione della Via Crucis diocesana intitolata ‘Per le sue piaghe noi siamo stati guariti’ – ieri sera percorsa in cinque tappe tra le vie del centro storico, partendo dalla “Casa della Carità” di Corte Gaetano Stella – il padre della Chiesa leccese ha voluto anzitutto porsi una domanda che, specie negli ultimi periodi, attanaglia spesso la mente dei cittadini, salentini e italiani:«Cosa possiamo fare noi?».
Il vescovo fornisce una risposta concreta allacciandosi all’episodio tratto dal Vangelo di Marco:«La donna che si trovava nella casa di Simone il lebbroso venne rimproverata per aver sciupato l’unguento con cui lavò i piedi di Gesù Cristo. Si sarebbe potuto vendere, donando poi il ricavato ai poveri. Eppure, fu proprio Gesù a ribattere dicendo ‘I poveri li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, mentre non avrete me per sempre’. I cristiani debbono tenere pronto un vaso con dentro l’unguento dell’amore, nel tentativo di cicatrizzare alcune ferite».«Che potere abbiamo noi contro la disoccupazione? – conclude D’Ambrosio – Possediamo solo l’unguento dell’amore».
Durante il dispiegarsi della Via Crucis, spazio a diverse testimonianze, divise per tappe: emarginazione (Chiesa delle Scalze); indifferenza (Piazzetta Santa Chiara); corruzione (Piazza Sant’Oronzo); sfruttamento (Teatini); disoccupazione(Piazza Duomo).